Cent'anni di veleno di Alessandro Hellmann

Cent'anni di veleno di Alessandro Hellmann

Wednesday, December 27, 2006

recensione

Fertililinfe n. 0

Quando Pasolini scrisse "io so, ma non ho le prove", non faceva soltanto un'esplicita e precisa denuncia ma stava anche, provocatoriamente, suggerendo agli scrittori italiani un nuovo modo di fare letteratura e giornalismo, ovvero, partendo dal reale (o come disse nell'ultima intervista <<dall'evidenza>>), dare un'interpretazione ultima fatalmente letteraria a questioni di pubblico interesse. Proprio questo invito a "schierarsi" (inteso qui in senso di "stare sul pezzo", non politico), a torto ignorato (come dimostrano i recenti successi televisivi ed editoriali di Lucarelli e De Cataldo), è stato raccolto da Alessandro Hellmann, il quale affronta una delle pagine più buie della recente storia italiana: il caso ACNA. Ed è questa vicenda tipicamente nostrana, un paradigma di paradossi, insabbiamenti, soprusi e scaramucce che dalla discesa di Carlo VIII ad oggi, rendono unico questo paese per divisioni e mancanza di spirito di appartenenza la cui eco giunge fin dal dividi et impera di romana memoria.
Grazie ad un lavoro certosino di documentazione, raccolta e studio di materiali e testimonianze in loco, Hellmann ricostruisce una storia (come lui stesso precisa infatti, questo è <<solo uno degli infiniti modi in cui la storia potrebbe essere raccontata>> p. 4) in cui i poteri, gli interessi, le incompetenze e le istituzioni fanno volutamente da sfondo a volti e persone coinvolte, che ne sono ancora protagonisti assoluti.
All'inizio la scrittura è asciutta, essenziale come se il fenolo fosse venuto a contatto con la pagina stessa, per poi, pian piano, aprirsi ad una sottile ironia, antidoto e bonifica stessa, dell'amarezza che alla narrazione dei fatti si accompagna. Il pericolo, che peraltro Hellmann evita con stile, sarebbe stato quello di generare compassione anziché solidarietà per quelle comunità che continuano a combattere sole contro il Leviatano nell'indifferenza di chi è quel tanto lontano da non esserne coinvolto.
La storia sappiamo ripetersi; di questo ne abbiamo purtroppo le prove. Roberto Di Pietro

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