Cent'anni di veleno di Alessandro Hellmann

Cent'anni di veleno di Alessandro Hellmann

Friday, June 13, 2008

messaggio inviato da Alessandro Helmann

Allego il messaggio inviato da Alessandro Helmann per la serata di ieri
sui lavoratori dell'Acna,splendidamente riu-
scita a Cengio,letto all'inizio della presenta-
zione del Laboratorio
conto sulla massima pubblicazione
saluti prof.Franco Xibilia


La prima volta che partii da Roma per venire in Valbormida, nell'estate del 2004, covavo già una vaga intenzione di raccontare la storia dell’Acna, pur non avendo ancora chiaro in mente in quale forma. Mi accompagnava soltanto un’irrazionale e urgente bisogno di vedere quei luoghi con i miei occhi. La vicenda della “fabbrica della morte” mi ossessionava ormai da diversi anni, e precisamente dal giorno in cui mi era capitato tra le mani un articolo di Aldo Grasso, che rendeva in maniera drammatica e struggente la dimensione umana della storia.
Percorrere la statale che sale a Cengio dal versante piemontese è stato come attraversare in pochi minuti un secolo di rabbia, di grida, di chilometri, di presidi, di barricate, di fenolo, di lavoro da cani, di battaglie sindacali, di vita e di morte.
Quella dell’Acna di Cengio è una storia di cento anni di inquinamento selvaggio, di collusione tra potere politico e industriale e di lacerazioni nel tessuto sociale di un intero territorio, in quanto due diritti inalienabili, il diritto al lavoro e il diritto alla salute, sono stati messi lucidamente l’uno contro l’altro, scatenando una guerra civile. Una guerra tra poveri, perchè sono i poveri a pagare sempre il prezzo di ogni guerra.
Il caso Acna è a mio avviso l’immagine più drammatica di quell’entità ansiosa che si definisce impropriamente costo dello sviluppo, accettando l’assurdo presupposto che lo sviluppo debba necessariamente generare effetti collaterali indesiderati.

La scelta di raccontare questa vicenda basandomi innanzitutto sulle testimonianze dirette delle persone che l’hanno vissuta si è concretizzata in maniera del tutto naturale: semplicemente ascoltando le voci di chi dentro l’Acna aveva lavorato e di chi l’aveva combattuta con tutte le sue forze. Questa umanità dolente, questa dignità composta, questa ferita aperta, questo dolore non potevano essere testimoniati se non con parole di rabbia e di tenerezza, di terra e di fenolo: le parole di chi c’era; e purtroppo, in alcuni casi, quelle di chi non c’è più.
Per questo ringrazio tutte le persone che mi hanno messo a disposizione il loro tempo, i loro ricordi e le loro parole, perchè senza di loro non sarei mai riuscito a portare a termine il mio lavoro. Non in questo modo.
L’approccio “dal basso” risponde all’esigenza di restituire una tridimensionalità umana e antropologica alla nostra storia, sottraendola alla polvere delle accedemie e alle distorsioni interessate del potere, certamente più incline a ricordare l’Acna come tempio della chimica fine che non come “fabbrica del cancro”.
Quello che voi state facendo oggi con questo archivio storico, raccogliendo le testimonianze orali (perchè è la gente che fa la storia, anche se poi spesso sono le autorità e le lobby a scriverla), risponde esattamente alla stessa logica e alla stessa urgenza di tramandare la memoria per renderla disponibile alle generazioni future. Per questo sono con voi. Perchè conoscere il passato può fornirci gli strumenti per decifrare il presente e gettare le basi per un futuro più consapevole e più giusto.
Perchè un mondo migliore è possibile.
Un mondo migliore è necessario.
Grazie di cuore.


Alessandro Hellmann (Roma, 5 giugno 2008)